Un convivio invisibile e impossibile si fa arte
DIRETTRICE DELLA MOSTRA: “Benvenuti al
Simposio che segue la visita inaugurale al museo virtuale. Come ben sapete, il
Simposio è in onore di Platone, in questo caso l’argomento non sarà l’Eros, a
lui caro, ma la contemplazione dell’Arte.
In questa visita abbiamo abolito i criteri
di spazio e tempo, di fondamentale importanza per due di voi qui presenti e ne
chiedo venia, lo ritenevo però necessario per sintetizzare quello che vi siete
persi negli anni a venire, successivi al vostro tempo.
Il tema della discussione di oggi è tratto
dallo scritto del pittore tedesco Paul Klee, che trovate davanti al vostro
posto al banchetto.”
Una volta seduti e dopo aver letto il
pensiero di Klee comincia la discussione..
(DIRETTRICE DEL MUSEO): ”Il primo a cui
cedere la parola è Hume, il più lontano nel tempo da quello che abbiamo
mostrato oggi..”
HUME: “Innanzi tutto ci tengo a
sottolineare la bellezza di quello che gli artisti successivi al mio tempo
hanno creato, il bello è negli occhi di chi lo contempla, e i miei si sono
riempiti di ammirazione. Nella mia vita e nell’esporre la mia filosofia ho
sotenuto la soggettività dell’arte, riprendendo le parole di Klee: il visibile
è solo un elemento isolato delle molteplici realtà che ci circondano, a
proposito io credo che il gusto, ciò che ci fa definire la bellezza di
qualcosa, sia soggettivo, di conseguenza ne esistono molteplici, le opere che
abbiamo potuto ammirare oggi sono quelle che io definirei scelte dagli uomini
con superiorità di gusto, sono le opere scelte da coloro il cui gusto è
superiore agli altri uomini, che hanno reso possibile una selezione. Tuttavia a
parer mio non è possibile trovare una regola che permetta di classificare le
opera come belle o meno, corrisponderebbe ad un criterio oggettivo, che non è
possibile applicare all’arte.”
KANT: “ Caro Hume, ho passato parte della
mia vita a trovare quelle regole che garantiscono un criterio per individuare
il bello da ciò che potrebbe sembrarlo all’apparenza ma non lo è, e sono
arrivato a trovare quattro requisiti che corrispondono a: gusto, bello,
bellezza e bello necessario, c’è una linea sottile che divide queste categorie,
ma una frase potrebbe riassumere il concetto: la natura del bello è nel
disinteresse, le opere d’arte che abbiamo osservato oggi possono essere
considerate belle solo se viste con uno sguardo disinteressato, solo in questo
modo la loro bellezza può essere valida soggettivamente e universalmente.
Tuttavia concordo con te sul fatto che il
bello non sia inerente alla cosa, ma una percezione soggettiva.
Gli artisti che hanno realizzato i capolavori a cui abbiamo assistito oggi sono dei geni: il genio è colui che è
capace di qualcosa al di fuori delle regole, ha un talento sviluppato rispetto
agli altri uomini, l’arte è similitudine della creazione e la fantasia, come
sostiene Klee, e il genio ne è l’impersonificazione, dotato di originalità.
SCHOPENHAUER: IL mio pensiero si ispira in
parte a colui che ha scritto un’opera proprio su quello che stiamo facendo noi,
Platone, e in parte sulla tua filosofia, Kant. La direttrice ha deciso di
distruggere uno dei fondamenti del
nostro pensiero: lo spazio e il tempo, allora colgo la palla al balzo per
parlare di una figura che accomuna le nostre filosofie: il genio, come sostiene
Klee l’arte è creazione, ma per realizzare un’opera il genio ha bisogno di
alienarsi dalla sua personalità per essere puro occhio del mondo, mi trovo
quindi a contrastare l’idea di Hume, secondo la quale sia l’osservatore ad
attribuire la bellezza ad un’opera, quando invece è l’occhio dell’artista,
disinteressato anch’esso a descrivere il mondo e la sua bellezza tramite uno
sguardo vero, che si libera dalle catene della volontà.
Eppure mi trovo in disaccordo con tutti i
filosofi che hanno commentato sopra, nella mia filosofia ho distinto le arti e,
nonostante la pittura si trovi solo due gradini più sotto di quella che
considero l’arte più significativa, anche a questa mostra la forma d’arte che
mi ha colpito è stata la musica, seppur in secondo piano rispetto alle opere, è
questa che mi permette di allontanarmi dalle sofferenze inflitte da questo
pendolo della vita, seppur per un breve periodo.
Mi ha colpito l’affermazione di Klee
secondo cui l’arte gioca con le cose ultime un gioco inconsapevole, credo che
l’uomo giochi a sua volta, ricercando una via di liberazione in quella che sa
già essere un’effimera illusione che non durerà a lungo.
HEGEL: “Caro Schopenhauer! Questo pensiero
quando lo hai elaborato? Mentre sotenevi lezioni a delle aule vuote alla mia
stessa ora? Non l’avrei detto al tempo, ma sei stato un valido antihegeliano,
se non tra i migliori, almeno cosí mi dicono e cosí mi sembra di intendere
dalle tue parole.
Faccio un appello a tutti i filosofi che
hanno espresso la loro opinione, ma non vi siete accorti di come l’arte sia
morta? Non morta nel senso di scomparsa, ma come questa non rispecchi più
quello che era il suo compito, come questa non rappresenti la vera essenza: lo Spirito
Assoluto.
Ero consapevole che prima o poi questo
sarebbe successo ma nelle opere, nonostante la loro bellezza indiscussa non
credo che questa rispecchi la sua funzione: essere attività dello Spirito, mi
trovo d’accordo con Klee, che inoltre cita come l’artista renda manifesto il
mondo dello Spirito, ma non l’ho ritrovato nella presentazione di oggi, ho
notato troppa individualità dell’artista, espressione dei loro sentimenti e non
un vero cammino verso la verità.
Nonostante l’arte sia solo la tesi di
quello che è lo Spirito Assoluto questa deve ad ogni modo rappresentarlo, e non
mi è parso di vedere altro che introspezioni degli artisti durante
l’inaugurazione.”
SCHOPENHAUER: “Ti dirò quelle lezioni vuote
mi sono sicuramente servite per raggiungere quella fama che tanto attendevo,
basata proprio su queste teorie, quindi credo di doverti ringraziare in qualche
modo! Ma.. il simposio è aperto a tutti, quindi, lei che ne pensa direttrice,
sicuramente le opere sono più vicine al suo tempo e avrà un’opinione personale
riguardo al pensiero dell’artista da cui è partita la discussione.”
DIRETTRICE DEL MUSEO: “Un onore parlare con
voi! A mio parere negli anni è stato stravolto il significato di arte, e ciò
che meglio lo rappresenta è il pensiero di Duchamp che mostra il cambiamento,
nessuno di voi ne sarebbe felice, prendiamo ad esempio due delle sue opere più
famose: La ruota di bicicletta e la Fontana, la sua arte contrasta tutti i
principi sovracitati compresi quelli di Klee, due semplici oggetti di uso
comune diventano improvvisamente opera d’arte: ciò che rende queste opere
famose è per lui il contesto, il museo. Questo esempio è per spiegare come
l’arte sia soggettiva a parer mio, come non sia possibile classificarla, darle
una caratteristica precisa o aspettarsi che rispetti determinati canoni,
qualsiasi cosa può in determinati contesti divenire arte. Sicuramente
l’originalità è il punto di partenza, ma l’arte può trattare: il mondo
visibile, invisibile, astratto, concreto, non esiste un’arte superiore all’altra,
l’arte è un concetto, un’espressione del contesto in cui vive l’artista, del
pensiero, delle correnti, del periodo storico, dei tormenti dell’artista
stesso, delle sue credenze, un risultato dei materiali a disposizione, delle
evoluzioni, della religione, o un semplice sfogo, un semplice atto di
ribellione.
Per notare il cambiamento basta osservare
le modalità dell’inaugurazione di oggi, virtuale, riprendendo il discorso di
Hume, ormai la conoscenza dell’arte non si basa più sulla superiorità del gusto
di alcuni uomini, ma su un click che può rendere un opera “virale” e visibile a
tutti o meno, non è un uomo, ma un algoritmo a garantirne la fama.”
Cheyenne Sofia Andreucci 5M
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